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Il Cardinal Bozanić ha presieduto la celebrazione eucaristica in occasione della festa del beato cardinale Alojzije Stepinac


Nella “cattedrale di Stepinac” a Zagabria, lunedì 10 febbraio 2020 l’arcivescovo di Zagabria, cardinal Josip Bozanić, ha presieduto la solenne celebrazione eucaristica in occasione della festa del beato Alojzije Stepinac.




Nella cattedrale piena di fedeli, in occasione della celebrazione della memoria del sessantesimo anniversario della morte di martirio del Beato, oltre a un centinaio di sacerdoti, insieme al cardinale Bozanić hanno concelebrato il Nunzio Apostolico presso la Repubblica di Croazia, mons. Giorgio Lingua, nonché i seguenti (arci)vescovi croati: l’arcivescovo di Zara e presidente della Conferenza Episcopale croata, mons. Želimir Puljić, l’arcivescovo di Fiume; mons. Ivan Devčić, l’arcivescovo emerito di Đakovo-Osijek; mons. Marin Srakić, il vescovo di Gospić-Segna, mons. Zdenko Križić; l’ordinario militare, mons. Jure Bogdan; il vescovo di Sisak, mons. Vlado Košić; il vescovo di Bjelovar-Križevci, mons. Vjekoslav Huzjak; il vescovo di Lesina, mons. Petar Palić; il vladika emerito dell’eparchia di Križevci, mons. Nikola Kekić; l’Amministratore Apostolico dell’eparchia di Križevci, mons. Milan Stipić; i vescovi ausiliari di Zagabria mons. Valentin Pozaić, vescovo ausiliare emerito di Zagabria, mons. Ivan Šaško e mons. Mijo Gorski.



Giacché in questi giorni nella cattedrale di Zagabria è stata posta la Croce Missionaria, simbolo del Congresso Eucaristico Internazionale di quest’anno di Budapest, a nome dell’arcivescovo di Strigonio-Budapest, Péter Erdö, ha presenziato alla celebrazione il vescovo ausiliare di Strigonio-Budapest Gábor Mohos, nonché i rappresentanti della Custodia francescana di Terrasanta, il vicario fra Dobromir Jasztal e il custode del Santo Sepolcro, fra Siniša Srebrenović da Gerusalemme. Infatti, nel corso della celebrazione della festa del beato Stepinac di quest’anno, il Cardinale ha benedetto la prima pietra della cappella croata che verrà costruita nei Campi dei Pastori a Betlemme.



All’inizio della sua omelia, il Cardinale ha parlato degli ultimi momenti della vita del Beato come li ha appuntati sessanta anni fa nel suo Diario il parroco di Krašić, Josip Vraneković, e ha spiegato la Parola di Dio annunciata nella quale san Paolo dice ai Corinzi: «Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione».



«Gesù nel Vangelo sottolinea che il seme che muore “produce abbondanza di frutto”. La Parola di Dio sottolinea: molta consolazione, molto frutto. Tutto ciò ha il suo fondamento nel motivo della venuta di Gesù sulla terra, motivo che Gesù ha riassunto in una frase che sottolinea il nucleo della Buona Novella: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10). Abbondanza di consolazione, abbondanza di frutto e abbondanza di vita... Non sono questi, fratelli e sorelle, contenuti che attraggono ogni uomo? In fondo, tutti desideriamo raggiungerli, tuttavia le vie e i luoghi dove li cerchiamo sono spesso diversi. E raramente qualcuno, cosa che di per sé è comprensibile, li collegherebbe alla morte» - ha spiegato il Cardinale.

Trattando poi il sessantesimo anniversario della morte dell'arcivescovo Stepinac, egli ha detto che è «buona cosa riconoscere la consolazione, i frutti e la vita che sono nati da quel seme. Ciò non si riferisce solamente alla morte di Stepinac, poiché il suo solco era aperto molto prima, poiché quel granello - nell’umiltà e nella fedeltà al Signore - è maturato, è germogliato e ha portato i frutti con il servizio nella sequela di Cristo. La sua morte sei decenni fa sembrava, agli occhi dei nemici, la conclusione che la terra avrebbe dovuto per sempre coprire e nascondere. La meta non era rappresentata solamente dall’Arcivescovo, bensì dalla Chiesa, e in fondo da Cristo e dal Cristianesimo. Con un tale approccio è comprensibile anche la perplessità e l’insicurezza delle autorità comuniste quando si sono chieste dove per loro sarebbe stato meglio seppellire il corpo del cardinale. Avevano le loro ragioni. Valutavano gli influssi e i movimenti di carattere politico. Pensavano che con la scelta del luogo, della terra, della pietra tombale, potessero fermare la crescita. Tuttavia, per il seme di Dio che con la vita penetra ogni scorza, non importa la pietra sotto la quale si trova il corpo mortale», ha spiegato l’arcivescovo di Zagabria.



»In Croazia e in tutto il mondo il martirio di Stepinac ha trovato nuove rami e rametti. La morte e la beatificazione di Stepinac, alla cui luce allora si è letta la vita della Chiesa e del popolo croato, è echeggiata in modo speciale. Così è rimasto fino a oggi», ha affermato il Cardinale, sottolineando che la presenza del Beato è rimasta viva, incentivante, attraente, sia nelle comunità dei fedeli sia in diverse istituzioni educative e formative, culturali, sportive e in altre istituzioni sociali; nelle opere artistiche, nei nomi e nei segni del nostro quotidiano, nelle città e nei luoghi nei quali viviamo: «Questa presenza non vive solamente in Patria, la Croazia. Una traccia esterna può essere seguita da Krašić e da Zagabria, da questa cattedrale, dove la sua tomba è diventato il centro di un pellegrinaggio che attira molti fedeli a pregare qui e a venerare il Martire della libertà di coscienza e della speranza cristiana. Qui il beato martire Alojzije ci testimonia costantemente il suo profondo legame con Gesù Cristo, il Chicco che è stato elevato sulla Croce e ha vinto il peccato e la morte. Per questo motivo questa sera siamo giunti dal nostro Beato poiché sentiamo che egli tocca i nostri cuori nelle nostre speranze e sofferenze».



Rammentando come in questa festa del Beato di quest’anno in cattedrale vi è la Croce Missionaria, simbolo del Congresso Eucaristico Internazionale che a settembre si terrà a Budapest, nel proseguo dell’omelia il Cardinale ha commentato l’unicità di questo reliquiario: «Al centro si trova la reliquia della Croce di Cristo, sulla quale Egli è stato crocifisso e sul quale il Figlio di Dio sul Calvario ci ha redento. Su questa Croce c’è una decorazione di viticci bronzei che assomigliano a rami e rametti, cresciuti dalle radici dell’offerta di Cristo sul Calvario. In quei viticci vi sono le reliquie dei santi e dei beati, proprio per mostrare il collegamento interiore e l’inseparabilità dei discepoli di Gesù da Lui, e affinché si vedesse più chiaramente che i santi e i beati sono i frutti che danno nuovo seme per la vita del mondo. Questa Croce è un eccezionale reliquiario sul quale si trovano le reliquie di trenta santi e beati. Tra di esse vi sono sedici reliquie di martiri, undici dei quali provengono dal periodo comunista, specialmente dall’Europa centrale e orientale, mentre cinque sono i martiri di altri periodi storici».

Inoltre, il Cardinale ha sottolineato come, anche in Croazia e in altri Paesi che hanno vissuto l’esperienza del totalitarismo comunista, si continui a cercare di creare un’immagine falsa, tuttavia L’aiuola dei martiri sulla Croce Missionaria, come ha detto, parla della realtà dell’indescrivibile crudeltà umana e delle miracolose opere di amore. Ammonendo che i tempi odierni non sono più facili, bensì esternamente vi è maggiore dissimulazione e forse proprio per questo anche più terribili, egli ha ricordato che il martirio nella Chiesa è costantemente presente in tutti i periodi storici, e che su questa Croce si trovano anche le reliquie di martiri croati: san Marco Crisini, il beato Alojzije Stepinac e le beate suore Figlie della Divina Carità che noi chiamiamo Martiri della Drina.



In collegamento con il beato Alojzije, nel proseguo dell’omelia il Cardinale ha spiegato quanto sia significativa la presenza della Croce Missionaria del Congresso Eucaristico nella cattedrale di Zagabria. Citando le parole di Stepinac dall’omelia sull’Eucaristia come unico legame di amore che Dio stabilisce con gli uomini, egli ha ricordato come il beato Alojzije nel 1938 abbia partecipato al Congresso Eucaristico che si tenne egualmente a Budapest, proprio come quest’anno. Inoltre, parlando del Congresso Eucaristico di quest’anno, il cui motto è rappresentato dalle parole del Salmo: "Sono in Te tutte le mie sorgenti"  (Sal 87, 7) e il cui particolare segno, la Croce, è presente qui in cattedrale, egli ha sottolineato che i cristiani leggono quel verso alla luce di Gesù Cristo, alla luce del dono dell’Eucaristia che rappresenta il vivo e più profondo legame con Dio; che ci trasfigura con l’amore verso i fratelli e le sorelle.



Secondo quanto affermato dal Cardinale, anche oggi come ottant’anni fa l’Europa è minacciata dalla separazione dalla fonte della vita, poiché quando non si riconosce e non si rispetta Dio, si perde il senso della vita. Si tratta dello stesso pericolo del materialismo che viene promosso con novi nomi e nuovi mezzi, e «vi è sempre in mezzo il dono della vita e la dignità dell’uomo che è stato creato da Dio a Sua immagine. Dove questo non viene rispettato, iniziano l’egoismo e conflitti di ogni tipo», ha affermato il Cardinale, dicendo poi: «Come Chiesa non manchiamo di constatare che molto di ciò che ha vissuto uno sviluppo ideologico nel contesto del comunismo anche oggi è rimasto influente nella società. Ciò è particolarmente rappresentato dalla pressione ideologica sul concetto di uomo, sul valore della vita umana dal concepimento alla morte naturale, la pressione sulla coscienza degli uomini nei delicati settori etici nonché sul sistema educativo e formativo.

Aggiungo anche che i fedeli nell’Europa centrale e orientale sono particolarmente sensibili alla libertà di confessione religiosa che è stata oppressa e derisa al fine di modellare meglio le diverse ideologie. A questo contesto appartengono i tentativi di annebbiare con diverse manipolazioni la natura della famiglia, che perfino nelle disposizioni di legge si introducano dei nuovi “diritti dell’uomo” che hanno caratteristica ideologica; che si lasciano prive di definizione ambiti che si danno a disposizione con il pretesto di una libertà che in realtà non è libertà. Papa Francesco ci dice: “Rispettare la dignità del bambino significa confermare la sua necessità e il suo diritto naturale ad avere una madre e un padre”».



Nella parte finale dell’omelia il Cardinale si è rivolto ai giovani che si preparano all’Incontro della gioventù cattolica croata di quest’anno a Zagabria. Riferendosi al moto dell’incontro, ha detto loro: «Cari giovani, sull’esempio del beato Alojzije, vedete con maggior forza che Dio ha un Suo piano per ciascuno di voi. Che anche oggi ancora di più echeggino nei vostri cuori le parole: “Fate ciò che vi dirà”. E rispondete generosamente al Signore che vi chiama nel sacerdozio, nella vita religiosa o nel matrimonio; che vi dà il dono di essere coniugi e genitori cristiani; che viviate la gioia della vostra fede nella vostra Patria, la Croazia«.


Alla fine della sua omelia, il Cardinale ha invitato tutti i fedeli affinché avanzino insieme ai giovani: «Siamo portatori del bene e della fiducia in noi stessi e promotori di un’atmosfera positiva in Croazia. Con la consolazione e la speranza di Stepinac che non confonde, che ciascuno di noi nel suo posto accetti la responsabilità per il nostro tempo affinché possiamo svolgere il compito che Dio ci dà, illuminando la nostra coscienza. Che il beato Stepinac ci insegni! Che ci insegni fiducia e bontà!» Le parole conclusive del Cardinale sono state le seguenti: «Per tutto ciò che ci sembra troppo difficile, impossibile, invincibile, per tutto ciò che rappresenta un peso per le nostre famiglie, per la Chiesa e per il popolo croato, preghiamo il Signore per intercessione della Beatissima Madre di Dio e del beato Alojzije Stepinac, e saremo esauditi con nuovi frutti».




Ufficio Stampa dell'Arcidiocesi di Zagabria
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