Zagrebačka nadbiskupija

Zagrebačka nadbiskupija

Beato Alojzije, intercessore della Chiesa e del popolo croato, prega per noi!

Cari fratelli vescovi, presbiteri e diaconi,
spettabili religiosi e religiose,
cari seminaristi, candidati e candidate degli ordini religiosi,
spettabili membri del Secondo Sinodo dell’Arcidiocesi di Zagabria,
cari pellegrini, fratelli e sorelle in Cristo!
 
1) Vi sono molti modi per avvicinarsi alla vita del beato Alojzije Stepinac, vi sono molte immagini e concetti con i quali, nel corso dei decenni, è stata descritta la sua figura, il suo impegno e dedizione evangelici. In lui, tuttavia, è particolarmente visibile il dono della consolazione unito alla speranza e alla sofferenza.

Nella sua lettera ai Corinzi, in alcune righe, san Paolo ben dieci volte menziona la consolazione e il conforto. Egli mostra quanto ci teneva che lo sentissimo, e allo stesso modo che vedessimo quanto la consolazione è collegata e intrecciata alle circostanze della vita che i cristiani devono affrontare, quali sono la speranza e la fiducia, ma anche l’avversità e la sofferenza.

La consolazione collega e realizza l’incontro portato con la presenza divina nei momenti di vita più difficili nel quali l’uomo solo non è sufficiente. Di questo parla con tale sicurezza la parola dell’Apostolo: «Abbiamo addirittura ricevuto su di noi la sentenza di morte, perché non ponessimo fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti» (2 Cor 1,9).

Ripetendo le parole collegate alla consolazione, san Paolo non intende ingannare nessuno né convincere di qualcosa che non sarebbe stato vero o estraneo all’esperienza della vita. Per questo motivo, è buona cosa osservare che nelle sue parole non vi sono superficialità né fuga dalle difficoltà. Egli vede la consolazione collegata all’esperienza che è accompagnata dalla croce. Così troviamo una consolazione collegata alla tribolazione, alla sofferenza, alla difficoltà, ma alla fine, tale consolazione è indirizzata verso la salvezza.

Proprio nel beato Alojzije si conferma ciò che san Paolo afferma essere la ragione per la quale questa consolazione è efficace. Nella parte finale della lettura odierna della Messa abbiamo sentito la spiegazione di Paolo, e cioè la gloria nella testimonianza della coscienza, e la vita nella santità, nella sincerità di Dio e nella grazia di Dio.
 
2) Cari fedeli, il beato martire Alojzije ci manifesta continuamente la vicinanza del nostro Signore, che è il Dio di ogni consolazione! Davvero, quando vediamo il tempo del nostro recente passato, nel quale sembrava che neppure la consolazione avesse un terreno dal quale essa sarebbe potuta spuntare; quando le persone venivano eliminate, tanti venivano rinchiusi e umiliati; quando venivano oppressi i valori di libertà e di dignità dell’uomo; quando la menzogna veniva seminata in abbondanza; allora esisteva il seme evangelico che custodiva la vita nella fiducia in Dio per mezzo di una coscienza pulita. In quel seme era visibile una forte consolazione, sia a Zagabria, sia a Lepoglava, sia a Krašić.

In data odierna, cinquantotto anni fa, l’autorità comunista riteneva che quel seme poteva essere fatto dimenticare, nascosto nella terra, sotto una lastra di pietra tra le mura di questa cattedrale, non immaginando che esso sarebbe diventato il più fertile terreno della Chiesa, e dal quale la consolazione parla in modo ancora più potente. Questo è il motivo per cui siamo qui anche stasera, nella cattedrale di Stepinac, grati per il fatto che qui conserviamo i suoi resti mortali, e che possiamo pregare dinanzi alle sue reliquie. Il beato Alojzije è portatore di consolazione ai fedeli, a tutta la Chiesa, e in modo particolare al suo popolo croato.

Sappiamo che esistono ancora tentativi, messi in atto ripetendo le interpretazioni, i concetti e le proposte di quei tempi e anche le falsità più grossolane, di convincere gli altri della giustezza di ciò che fu fatto al tempo del totalitarismo, e ciò che anche oggi si desidera imporre in un modo quasi impacchettato. Anche il modo in cui viene presentato il nostro Beato e l’intera nostra Chiesa anche oggi ci obbliga ad assistere a tali modi di fare. Le menzogne imposte in questo modo e sistematicamente promosse ottengono una forza che rende difficile l’approccio alla verità, così che si continua a distruggere il bene.

Nei momenti di scoraggiamento, nei dolori personali, nonché nelle difficoltà che dobbiamo affrontare come singoli, come famiglie e come popolo, siamo uniti in ciò che è più grande di noi. Il nostro Dio non ci lascia soli nelle sofferenze. La consolazione è un dono che ci unisce, anzitutto con Dio che ci riempie tutti di consolazione, per potere noi stessi vivere la consolazione ed essere consolazione gli uni gli altri. La consolazione cristiana cerca ascolto, pazienza, compatimento, attenzione, il bene del prossimo, l’offerta dell’aiuto a tutti, soprattutto all’uomo nella necessità, testimonianza di speranza e la preghiera.

A ciò ci indirizza costantemente il nostro Beato, del quale ci sono rimaste le parole tratte dalla Sacra Scrittura, del suo motto vescovile, che egli ha incarnato e affidato a noi: «‎In te mi rifugio, Signore». Questa fiducia non è uno stare tranquilli né un rinunciare, bensì un darsi da fare coscienti che in tutto ciò che fa confida in Dio, lo sta ad ascoltare e costantemente in Dio trova forza, senso, e consolazione.

Dove esiste la vera consolazione, essa non è il frutto della forza e della perizia dell’uomo, bensì è una grazia dello Spirito Santo. Noi abbiamo da dove attingere la consolazione di Stepinac. Essa anche oggi ci è davvero necessaria, in un momento in cui, in modo diverso, sentiamo nuove sfide, e anche la minaccia dell’angoscia e il seminare della disperazione. Tuttavia, quella consolazione è di Dio. Essa parla sempre la lingua dell’amore e - cosa più importante - l’uomo non la può togliere.
 
3) Sapendo questo, fratelli e sorelle, fin dal primo momento abbiamo affidato il Secondo Sinodo dell’Arcidiocesi di Zagabria alla speciale intercessione del beato Alojzije, pregando di avere la forza della sua fiducia nel Signore. In occasione della sua festa abbiamo annunciato il Sinodo, e oggi, in occasione della sua festa, concludiamo le sedute del Sinodo stesso.

Siamo grati per questo cammino di grazia nel quale vive la forza dello Spirito che ravviva, consola e rinnova. Quale arcivescovo di Zagabria, ringrazio anzitutto tutti i membri del Sinodo che sono stati pronti a fare dono del loro tempo, del loro amore e conoscenza e hanno partecipato con diligenza al lavoro del Sinodo. Tuttavia, nello spirito del desiderio che nel Sinodo fosse coinvolta l’intera Arcidiocesi, ringrazio in modo speciale tutte le parrocchie, le comunità religiose, le associazioni, i movimenti e le altre comunità di preghiera, ogni fedele, i quali hanno contribuito a che durante gli anni del periodo pre-sinodale e delle sedute del Sinodo non solo proponendo iniziative, bensì in diversissimi modi, e soprattutto con la preghiera, vivesse la cura e la gioia della nostra Chiesa di Zagabria.

Ricordando gli inizi della preparazione, da questa distanza temporale vediamo anche i frutti di quel cammino che nella speranza ci infondono sicurezza dello sguardo verso il futuro. Ispirandoci all’esempio del beato Alojzije, credo che con ragione possiamo dire che il nostro Beato, nel corso del cammino sinodale, ci ha insegnato e aiutato a vivere l’ecclesialità. Cercherò di riassumere questo in tre punti: Conoscere la Chiesa, amare la Chiesa e operare ecclesialmente.
 
4 Il Sinodo ci ha resi più coscienti dell’appartenenza alla concreta Chiesa di Zagabria nel cammino comune del santo popolo di Dio. Esso ci ha resi più vicini l’un l’altro, sia i fedeli con i sacerdoti e gli altri ministri, sia i fedeli tra di loro. Siamo chiamati a rafforzare questa vicinanza e inserirla in tutti gli ambiti della vita della nostra Arcidiocesi, soprattutto pregando gli uni per gli altri.

Abbiamo percepito che ci sono molti fedeli che vivono la propria fede, sono bene inseriti nelle comunità parrocchiali, sono impegnati e aiutano in diversi ambiti, vivono con regolarità il ritmo della vita di famiglia e della comunità cui appartengono. Abbiamo avuto l’occasione di conoscere meglio la natura e il modo di operare delle istituzioni, degli organi e dei servizi della Chiesa; apprendere disposizioni ecclesiali positive, disposizioni generali e tante occasioni che lo Spirito di Dio favorisce nel nostro ambiente, dandoci i suoi doni, e aprendo nuove possibilità, portate con amore e servizio.
Nel porre domande e nell’esporre proposte si è manifestata una sincera volontà, si sono constatate le realizzazioni ed espresse delle aspettative. Sono stati tracciati anche dei nuovi cammini, tuttavia si sono presentate anche vere difficoltà che non devono essere insuperabili.

E’ importante conoscere la Chiesa quale realtà mistica nella quale siamo tutti chiamati, dal Signore stesso, a vivere la propria fede nella comunione della Chiesa, con la sua bellezza, il suo essere esigente e la sua limitatezza dal punto di vista umano. Abbiamo conosciuto meglio la Chiesa come dono di Dio, poiché ogni altro tentativo conduce alla ricerca di dominanza, all’insensibilità, all’aspirazione al potere, che ignora il Regno di Dio inserendo criteri terreni di efficacia.

Nei suoi discorsi e nelle sue opere, il beato Alojzije sottolineava l’importanza del conoscere la Chiesa. Di essa parlava ai fedeli, affinché in essa meglio vedessero il proprio posto e la propria missione. Con lo stesso impegno egli difendeva le verità della fede e della morale, e lasciava meravigliati quelli che non potevano comprendere le sue posizioni intrepide di testimonianza di fedeltà alla Chiesa.

Neppure oggi è scemata l’importanza di conoscere la Chiesa, giacché su di essa si crea un’immagine e si impongono impressioni che negano la sua essenza, vale a dire che essa è di Dio, è di Cristo, cercando di porla nelle cornici di puri fatti sociali, di considerarla un’organizzazione tra le tante, con gli stessi o simili scopi di altre componenti della società. E nostra la responsabilità di conoscere la Chiesa da essa stessa, vivendo l’ecclesialità, per la qual cosa è necessario un approccio nell’amore.
 
5) La Chiesa conosce veramente chi l’ama. Il beato Alojzije ci ha lasciato una ricchissima eredità di amore verso la Chiesa, la quale fluisce dalle sue parole, e soprattutto dalla posizione che egli ha testimoniato di giorno in giorno, fino all’ultimo respiro terreno. E chi più di lui è stato colpito dalle ferite della Chiesa; chi si trovava di fronte cristiani che hanno negato la propria dignità cristiana; chi, in quei tempi complessi, meglio di lui ha agito aiutando gli altri che si sono trovati nella necessità? E’ sufficiente ricordare la sua instancabile azione caritativa. Lo poteva fare, poiché amava l’uomo con l’amore della Chiesa.

Il Sinodo ha nuovamente posto dinanzi a noi la verità gioiosa che la Chiesa di Zagabria vive proprio dell’amore che testimoniano i fedeli nelle loro famiglie, nei posti di lavoro, nella società, spesso esposti a domande e disagi, trovandosi dinanzi alla tentazione di negare la difesa e la testimonianza delle verità di fede. Il Sinodo, tuttavia, mostra che l’amore è più forte anche di quelle prove.

Nello stesso tempo, l’amore distingue, interroga la realtà che ama, desidera il suo miglioramento, toglie da essa i sedimenti che l’imbruttiscono; desidera farla rivivere se sente che la vita si indebolisce, desidera restituire gioia e speranza là dove si manifestano inerzia e sfinimento. Per questo motivo, nella famiglia della Chiesa, nella responsabilità fedele e nella decisione, l’amore incoraggiato dal cammino sinodale troverà vie per purificare la Chiesa a tutti i livelli e per guidarla alla novità, non per la novità in sé, bensì per amore che è sempre nuovo.

Come farlo, possiamo vederlo da vicino presso il beato Alojzije. Egli sapeva che in lui sia i fedeli sia i persecutori vedevano la Chiesa; sul pulpito, alla sbarra, in prigione... Comprendevano che egli era un funzionario della Chiesa, tuttavia non comprendevano il suo amore per la Chiesa, un amore radicato nella fede e nella speranza. I frutti dell’amore del beato Alojzije verso ogni uomo, indifferentemente dall’appartenenza nazionale o religiosa, diventa sempre più luminoso quanto più il tempo passa. In questo il beato Alojzije rimane un costante esempio al suo popolo croato.
 
6) Il terzo insegnamento che ci insegna il Sinodo, e che viene testimoniato dal martire Alojzije, è il seguente: Operare ecclesialmente. Chi ama la Chiesa, chi vede in essa ancorata la propria vita, trova anche il modo corretto di testimonianza cristiana, lontano da disagi e timori, lontano da egoismi e autopromozione.

Operare ecclesialmente significa agire cristicamente. In quell’operare si sente sempre lo spirito della sinodalità, iniziando dalla preghiera che indirizza lo sguardo verso il Regno di Dio, compiendo la qual cosa nella Chiesa si manifestano comunione, sussidiarietà, libertà di espressione del pensiero, ascolto dell’altro, discussione e verifica, ricerca del bene, assunzione di responsabilità.

Allora la Chiesa, iniziando dalla parrocchia, non è un luogo estraneo, bensì un luogo pieno di vita, di vicinanza umana, sia per i parrocchiani sia nell’apertura verso tutti, soprattutto verso gli uomini che hanno bisogno di aiuto. La Chiesa deve avere sufficiente spazio per inserire, un numero sufficiente di istituzioni cui partecipare, apertura per nuove iniziative.

E’ importante notare questo fatto, poiché nella vita sono necessari e rimangono solamente forti punti di appoggio. Oggi vi sono moltissime offerte urlate, idee attraenti e facili promesse passeggere. Questi sono i metodi delle ideologie, vecchie e nuove, che non considerano la vita nella sua interezza, né importa loro avere solidi punti di appoggio. La testimonianza del beato Alojzije è sopravvissuta a ogni ideologia. Il suo punto di appoggio non era un’idea umana o scopi umani, bensì Dio, ed egli misurava tutto con il criterio dell’eternità.
 
7) Fratelli e sorelle, dopo che ieri, 9 febbraio 2018, con la quinta seduta del Sinodo abbiamo concluso la parte operativa del Secondo Sinodo dell’Arcidiocesi di Zagabria, in questa solenne celebrazione conclusiva mi rivolgo a voi, ministri ordinati, religiosi e religiose, e a voi, fedeli laici;  a voi tutti desidero dire: Osiamo di più!

Papa Francesco, ringraziando per i doni di Dio del nostro Sinodo, desidera che diventiamo testimoni di una rinnovata “Pentecoste” della Chiesa di Zagabria, invitandoci ad andare incontro a ogni fedele, a ogni famiglia, e infine a tutti gli uomini di buona volontà (cfr. Il messaggio del Papa in occasione della conclusione del Sinodo).

Vi sprono affinché nell’avvenimento del Sinodo vediate un nuovo inizio, un nuovo slancio di azione pastorale, soprattutto nelle nostre comunità parrocchiali, nelle comunità di preghiera, nelle associazioni di fedeli, nei movimenti presenti in esse e negli organi parrocchiali di partecipazione. Il cristianesimo riparte sempre dall’inizio. Il Sinodo ci dà sicurezza, rafforza i passi, affina la visuale, soprattutto in nuove situazioni, nei quali una generazione ha cercato di affrontare le sfide a modo proprio, e adesso è chiamata a farlo una nuova generazione.

Il nostro Sinodo ha mostrato, già durante lo stesso periodo di preparazione, questo cambio generazionale con la presenza di giovani, che in modi diversi mostrano di essere cresciuti diventando fedeli responsabili. Dinanzi a voi, cari giovani, ragazze e ragazzi, vi è l’immediata preparazione di due anni per l’Incontro della gioventù cattolica croata che si terrà nel 2020 a Zagabria e nell’Arcidiocesi di Zagabria. Vi invito tutti a scoprire, con la vostra gioventù, i doni e la forza dell’esperienza spirituale, di una forte spiritualità, che non rimane sulla superficie dell’emotività, bensì si nutre della freschezza delle fonti della fede: la Sacra Scrittura, i sacramenti e la guida spirituale.
 
8) E alla fine desidero sottolineare ciò che segue. Quest’anno ricordiamo il ventesimo anniversario della beatificazione del cardinal Stepinac, e proprio come nella beatificazione abbiamo sentito la conferma della consolazione con la quale egli ci ha rafforzato nel tempo del regime comunista, così, durante questi venti anni, abbiamo sentito la medesima vicinanza di consolazione, sapendo che anche la sua conferma sarà coronata con la canonizzazione. In realtà, ogni tentativo di confutare la santità del beato con la falsità ha lo scopo di toglierci la consolazione, la forza di vita e la speranza. La consolazione di quel tempo, nella sicurezza della coscienza pulita, della speranza e della grazia, vale anche per questo tempo, essa è efficace per ogni tempo.

Vent’anni fa, il santo papa della speranza croata, Giovanni Paolo II, a proposito della beatificazione del cardinale Stepinac, sottolineava che nella figura del nostro Beato è riassunta l’intera tragedia che ha colpito l’Europa nel corso del ventesimo secolo, caratterizzata dai grandi mali del fascismo, del nazismo e del comunismo. Nel cardinale Alojzije Stepinac, sottolineava il santo Papa, risplende nella pienezza la risposta cattolica: fede in Dio, rispetto dell’uomo, amore verso tutti confermata con il perdono, l’unità con la Chiesa guidata dal successore di Pietro (cfr. Resoconto della visita apostolica in Croazia, Vaticano, 7 ottobre 1998).

Anche oggi è necessario perseverare in questo, in un coerente distanza da tutti i regimi del male del ventesimo secolo. In Croazia vi è il pericolo che si costruiscano meccanismi di azione sociale nei quali si ignorano facilmente i valori che si riferiscono alla pienezza della vita e della verità su tutte le vittime delle guerre e dei dopoguerra del ventesimo secolo senza alcuna differenza. Sentiamo le conseguenze dell’assenza di criteri e si rifugge dall’applicazione delle regole che hanno promosso anche le istituzioni europee.

La nostra società croata viene ancora provocata proprio con questo, e questa è la condizione di base per raggiungere la pace sociale: ci si liberi dall’incessante strumentalizzazione del passato, venga restituita una sana fierezza nazionale, si risvegli la speranza e si apra al futuro.

L’azione ecclesiale in questo ambito si svolge sulla base della fede in Dio Padre misericordioso, sull’amore evangelico, sulla comunione e sulla responsabilità. La comunione è costantemente corretta dall’umiltà, dal pentimento e dalla misericordia, e sostenuta dalla croce e illuminata con la risurrezione. In quel cammino ecclesiale sentiamo che ci accompagna l’aiuto costante della santissima Madre di Dio Maria e di san Giuseppe, protettore della nostra patria croata.

Fratelli e sorelle, ringraziando per la vicinanza della Chiesa celeste, non cessiamo di invocare: Beato Alojzije, intercessore della Chiesa e del popolo croato, prega per noi!
Amen.